A lungo andare, fattori quali la temperatura e i carichi meccanici possono ripercuotersi negativamente sulla stabilità a lungo termine dei sensori di pressione. Tuttavia, gli effetti possono essere minimizzati già da parte del produttore.

Nelle schede tecniche dei sensori di pressione i produttori segnalano anche la stabilità a lungo termine. Si tratta di un valore ottenuto in condizioni di laboratorio che indica la massima variazione tra il punto zero e l’intervallo di uscita. Questo valore è espresso in percentuale e si riferisce solitamente all’errore totale. Segnala che l’errore totale di un sensore di pressione dopo un anno può peggiorare, ad esempio, dello 0,1 percento del fondoscala. 

Normalmente, i trasmettitori di pressione hanno bisogno di un po’ di tempo per stabilizzarsi. Questo significa che soprattutto durante il primo anno si verifica il maggiore “movimento” per quanto riguarda la stabilità a lungo termine. Come già accennato, stiamo parlando principalmente di spostamenti del punto zero e cambiamenti della sensibilità (segnale di uscita). Gli utenti notano per lo più gli spostamenti del punto zero, poiché risultano facili da rilevare. 

Come ottimizzare la stabilità a lungo termine? 

Per ottenere una stabilità a lungo termine il più possibile ottimale, per cui durante la vita del prodotto si verificano soltanto spostamenti minimi, è necessario che l’elemento principale sia quello giusto: il chip del sensore. Un sensore di pressione prodotto a regola d’arte è la migliore garanzia per avere uno strumento di misura che funzioni a lungo in modo ottimale. Nel caso dei sensori di pressione piezoresistivi, l’elemento principale è il chip in silicio sul quale viene diffuso il ponte di Wheatstone. Le cose vanno fatte correttamente fin dall’inizio della produzione. Una scelta scrupolosa del chip in silicio sta alla base della produzione di sensori di pressione con ottima stabilità a lungo termine.

In secondo luogo, la costruzione del sensore è decisiva. Il chip in silicio viene incollato all’interno di un alloggiamento. A causa degli effetti della temperatura e di altri influssi il punto incollato può cambiare e, di conseguenza, cambia anche il carico meccanico del chip in silicio. Naturalmente, la stabilità a lungo termine ne risente. 

La pratica ha mostrato che un nuovo sensore “lavora all’assestamento” per un certo periodo – soprattutto nel primo anno.  Più il sensore diventa vecchio e più diventa stabile. Per ridurre il più possibile al minimo gli sviluppi indesiderati e riuscire a valutare meglio lo stato generale, il sensore viene invecchiato e sottoposto ad alcuni test prima di lasciare la produzione. 

Il procedimento varia da produttore a produttore. Per stabilizzare i nuovi sensori di pressione, alla STS questi vengono trattati termicamente per più di una settimana. Il “movimento” insito nel sensore soprattutto nel corso del primo anno viene, dunque, già in gran parte anticipato. Il trattamento termico equivale, infatti, a un invecchiamento artificiale.

Immagine 1: trattamento termico delle celle di misura della pressione piezoresistive 

Dopo questa stabilizzazione, il sensore viene sottoposto a ulteriori test al fine di essere caratterizzato in modo ottimale. Si testa il comportamento del sensore a diverse temperature e si esegue anche un trattamento sotto pressione. I sensori devono mostrare come si comportano mentre sono esposti per un lungo periodo di tempo alla sovrapressione prevista. Le misurazioni rilevate servono per la caratterizzazione di ogni singolo sensore. Tutto questo è necessario per poter esprimere dichiarazioni affidabili riguardo al comportamento dello strumento di misura a diverse temperature ambientali (compensazione della temperatura). 

La stabilità a lungo termine, insomma, dipende innanzitutto dalla qualità della produzione. Naturalmente, eseguire calibrazioni e messe a punto ad intervalli regolari può aiutare a correggere eventuali variazioni. Nella maggior parte delle applicazioni, però, non è necessario: i sensori prodotti correttamente funzionano in modo affidabile per un periodo di tempo molto esteso. 

Quanto è importante la stabilità a lungo termine? 

Quanto sia importante la stabilità a lungo termine dipende dall’applicazione. Tuttavia, è sicuramente di maggiore importanza nel campo della bassa pressione. Da una parte, questo è dovuto al fatto che gli influssi esterni influenzano maggiormente il segnale. Piccoli cambiamenti del carico meccanico del chip hanno in questi casi un influsso maggiore sulla precisione dei risultati rilevati. Dall’altra parte, i sensori di pressione prodotti per applicazioni in bassa pressione si basano su un chip di silicio, la cui membrana ha spesso uno spessore inferiore a 10 µm. Per questo motivo, quando si incolla il chip nell’alloggiamento è richiesta un’attenzione maggiore.

Immagine 2: dettaglio del chip in silicio incollato e fissato 

Pur con tutta l’attenzione, una stabilità a lungo termine e, quindi, anche l’accuratezza non sono possibili per sempre. Fattori come l’isteresi di pressione e l’isteresi di temperatura non possono essere completamente esclusi. Questi rientrano nelle cosiddette caratteristiche di un sensore. Gli utilizzatori possono regolarsi di conseguenza. Per applicazioni ad alta precisione, ad esempio, l’isteresi di pressione e l’isteresi di temperatura non devono superare lo 0,02 % del fondo scala. 

Parlando della stabilità a lungo termine bisogna ovviamente dire anche che la fisica mostra i suoi limiti. Nelle applicazioni particolarmente difficili non è possibile ottenere una stabilità elevata. È il caso soprattutto delle applicazioni con temperature alte e fortemente oscillanti. Anche le temperature costanti, ma superiori a 150 °C prima o poi rovinano il sensore: lo strato metallico che fa da contatto per i resistori del ponte di Wheatstone si diffonde nel silicio e scompare letteralmente. 

Gli utilizzatori che eseguono misurazioni della pressione in tali condizioni estreme o che hanno esigenze di massima precisione dovrebbero, dunque, prima discutere a fondo con i produttori delle possibili opzioni disponibili. 

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