Un motore a idrogeno con iniezione diretta ad alta pressione potrebbe sostituire il turbodiesel?

Un motore a idrogeno con iniezione diretta ad alta pressione potrebbe sostituire il turbodiesel?

Non più benvisto, il motore diesel, una volta leggendario, sembra abbia fatto il suo corso. Persino città come Parigi, che una volta incentivavano l’uso del diesel, ora chiedono agli OEM di fermarne la produzione entro il 2025. Sebbene sia altamente improbabile che questo accada, è un segno di quanto il mondo sia preoccupato per il riscaldamento globale e per l’inquinamento atmosferico in generale.

Per rispettare le norme sempre più severe sulle emissioni, gli OEM stanno studiando nuove forme di propulsione spesso mai provate prima d’ora. Si stanno testando tutti i possibili scenari: dai motori completamente elettrici agli ibridi e persino quelli a celle a combustibile di idrogeno. 

L’idrogeno, in particolare, sta riscuotendo interesse tra i ricercatori di tutto il mondo – viene ritenuto un carburante pulito che potrebbe benissimo diventare il propulsore dei trasporti del futuro. 

La differenza tra l’idrogeno e gli idrocarburi tradizionali sta nel suo ampio campo stechiometrico che va dal 4 al 75 percento del volume di idrogeno in aria e inoltre, in condizioni ideali, la velocità di combustione dell’idrogeno può raggiungere alcune centinaia di metri al secondo. Queste caratteristiche lo rendono altamente efficiente nella combustione di miscele magre con basse emissioni di NOx. 

Quarant’anni di sistemi di iniezione ad idrogeno 

L’iniezione ad idrogeno esiste dagli anni ’70 e consiste nell’iniettare idrogeno in un motore a combustione interna modificato. In questo modo il motore brucia in modo più pulito, con maggiori prestazioni e minori emissioni. 

I precedenti sistemi a bassa pressione, tuttora in uso, iniettavano l’idrogeno nell’aria prima di arrivare nella camera di combustione. Si verificavano, però, diversi problemi poiché l’idrogeno brucia 10 volte più velocemente del diesel e, una volta mescolato al diesel nella camera di combustione, la velocità di combustione aumenta. I problemi principali sono: 

  • Ritorno di fiamma del gas nel collettore
  • Preaccensione e/o autocombustione

Il modo migliore per superare questi problemi è installare un sistema di iniezione diretta ad alta pressione che inietti il carburante in una fase successiva della corsa di combustione. 

Ottimizzare il processo di combustione attraverso la misurazione accurata della pressione 

Per ottimizzare il processo di combustione, l’iniezione deve essere accuratamente mappata sul motore e questo può avvenire soltanto mediante la raccolta dei dati di prova riguardanti la temperatura (collettore, EGT e refrigerante), la pressione (cilindro/sovralimentatore, tubi e iniettore), la turbolenza nel collettore e nella camera di combustione e, infine, la composizione del gas. 

I processi di formazione della miscela, di iniezione e di combustione sono solitamente studiati attraverso due diversi gruppi di esperimenti. Lo scopo del primo esperimento è ottenere informazioni sulla concentrazione altamente transitoria e sulla distribuzione dell’idrogeno durante il processo di iniezione. 

Durante questo test viene impiegata una fluorescenza indotta da laser (LIF: Laser-Induced Fluorescence) sulle molecole traccianti come tecnica primaria di misurazione per studiare il comportamento dell’idrogeno durante la compressione e l’accensione. Utilizzando una camera di combustione a volume costante delle stesse dimensioni del vero motore a combustione interna– ciò significa che il volume della camera di combustione è uguale al volume del cilindro nel punto morto superiore – viene iniettato l’idrogeno pressurizzato nell’aria fredda pressurizzata mediante una valvola a spillo controllata idraulicamente. 

Grazie ai sensori di pressione di alta qualità è possibile studiare l’effetto delle varie pressioni di iniezione sul processo di combustione. Osservando il comportamento e il volume del gas incombusto, si riduce drasticamente il tempo impiegato per ottimizzare la pressione di iniezione per un determinato numero e posizione dei fori dell’ugello dell’iniettore, nonché la direzione di iniezione. 

Grazie all’utilizzo di un software unico nel suo genere è possibile determinare il ritardo di accensione, che dipende dalla temperatura e dalla concentrazione di idrogeno nell’aria ad una data pressione. Anche in questo caso è importante che le letture della pressione siano registrate in modo accurato entro un range di pressioni che varia tra 10 e 30 MPa. 

Inoltre, questo metodo permette di definire le aree del getto di iniezione laddove si verificano le condizioni di autoaccensione. Questo è utile per sviluppare un sistema di iniezione ottimizzato per i motori che devono essere convertiti dal carburante diesel all’idrogeno. 

Negli ultimi test condotti da un OEM marchio premium, il motore ad iniezione ad idrogeno ad alta pressione ottimizzato ha mostrato un promettente aumento della potenza specifica a fronte di una riduzione del consumo di carburante, raggiungendo così il 42% di efficienza. I valori ottenuti corrispondono ai valori dei migliori motori turbodiesel. 

Sulla base delle scoperte sembrerebbe chiaro che il lavoro svolto per ottimizzare la pressione dei sistemi a 30 MPa possa di fatto fornire un’altra fonte di energia pulita per i trasporti del futuro. 

Ottimizzazione del ciclo di vita dei trasmettitori di pressione a contatto con l’idrogeno

Ottimizzazione del ciclo di vita dei trasmettitori di pressione a contatto con l’idrogeno

Gli atomi di idrogeno sono molto piccoli. Per via di questa proprietà penetrano anche i materiali solidi. Questo processo è chiamato “permeazione”. Con il passare del tempo, questo meccanismo impedisce ai trasmettitori di pressione di funzionare. Il ciclo di vita può, però, essere ottimizzato.

Nei trasmettitori di pressione piezoresistivi il chip del sensore è circondato da un liquido, solitamente olio. Quest’area è a sua volta separata da una membrana in acciaio inossidabile molto sottile, spessa da 15 a 50 μm. A causa delle piccole dimensioni dell’atomo di idrogeno, il gas può filtrare attraverso il reticolo cristallino dei metalli (vedi l’infografica). Con il tempo questo fa sì che il gas penetrato raggiunga un offset del punto zero del segnale non più tollerabile e si formi un rigonfiamento sulla membrana in acciaio. Di conseguenza, il sensore di pressione non è più utilizzabile.

Panoramica delle proprietà dell’idrogeno

Infographic: malachy120///AdobeStock

I sensori di pressione entrano in contatto con l’idrogeno in un gran numero di applicazioni, come per il monitoraggio dei serbatoi di idrocarburi sia nei sottomarini che nell’industria automobilistica. Soprattutto in quest’ultimo caso si fa sempre più ricorso all’idrogeno per lo sviluppo di sistemi di propulsione alternativi. Da qualche anno, molti produttori lavorano su modelli con celle a combustibile e alcune città hanno già puntato su autobus a idrogeno per il trasporto pubblico. I vantaggi sono innegabili: come materie prime servono solo idrogeno e ossigeno. Attraverso una reazione chimica si genera energia sotto forma di energia elettrica, senza produrre alcun tipo di gas di scarico (il prodotto della combustione è vapore acqueo).Inoltre, a differenza dei combustibili fossili, l’idrogeno è disponibile in quantità inesauribili. Il suo sviluppo è già in fase avanzata, per cui esistono modelli che per 100 chilometri consumano solo 3 litri di idrogeno. Percorrere una distanza fino a 700 chilometri con un pieno è, in parte, già possibile.

In questo settore sono necessari trasmettitori di pressione ad alte prestazioni e ad alta precisione per monitorare i serbatoi di idrogeno dei veicoli. Occorre, di fatto, monitorare la pressione e la temperatura nel serbatoio di idrogeno del veicolo. Al suo interno si raggiungono pressioni fino a 700 bar, ma bisogna coprire anche un campo di temperatura superiore. Ovviamente è fondamentale che i trasmettitori di pressione impiegati svolgano il loro compito con la precisione richiesta per un lungo periodo di tempo. Al fine di ottimizzare la durata di vita del sensore in applicazioni con l’idrogeno, occorre prestare attenzione a diversi fattori che la influenzano:

  • Intervallo di pressione: il flusso del gas attraverso la membrana del sensore è proporzionale alla radice quadrata della pressione del gas. Una pressione dieci volte inferiore aumenta la durata di vita del sensore di circa 3 volte.
  • Temperatura: il flusso del gas attraverso la membrana del sensore aumenta a temperature più elevate e dipende dalla costante del materiale.
  • Spessore della membrana: il flusso del gas è inversamente proporzionale allo spessore della membrana. L’utilizzo di una membrana spessa 100 μm, invece di una spessa 50 μm, raddoppia la durata di vita del sensore.
  • Superficie della membrana: il flusso del gas è direttamente proporzionale alla superficie della membrana (il quadrato del diametro della membrana). Con una membrana da Ø 13 mm, invece di una da Ø 18,5 mm, la durata di vita del sensore raddoppia.

Poiché nei serbatoi di idrogeno dei veicoli possono verificarsi sia pressioni elevate che forti variazioni di temperatura, la durata di vita dei sensori non è influenzata da questi due fattori. Anche i fattori dello spessore e della superficie della membrana influiscono solo in parte. Il ciclo di vita può essere migliorato da questi fattori – è vero – ma non in modo ottimale.

Rivestimento in oro: la soluzione più efficace

La permeabilità dell’oro è 10000 volte inferiore di quella dell’acciaio inossidabile. Con il rivestimento in oro (0.1 fino a 1 μm) di una membrana in acciaio da 50 μm, la permeazione dell’idrogeno può essere ridotta in modo molto più efficace che raddoppiando lo spessore della membrana a 100 μm. Nel primo caso, il periodo di tempo in cui si accumula un volume critico di gas idrogeno all’interno del sensore di pressione può essere prolungato per un fattore da 10 a 100, nel secondo caso solo per un fattore di due. Questo presupponendo una saldatura ottimizzata e il più possibile senza buchi, nonché un rivestimento sostanzialmente senza imperfezioni.

Immagine 1: esempio di trasmettitore di pressione con membrana rivestita in oro.

A causa delle proprietà dell’oro riguardo alla permeabilità dell’idrogeno, come standard per queste applicazioni con l’idrogeno la STS utilizza membrane in acciaio inossidabile rivestite in oro.

Scarica l’infografica STS gratuita su questo argomento ora:

Misurare la pressione in modo accurato è indispensabile per lo sviluppo dei veicoli a motore sicuro ed economicamente conveniente

Misurare la pressione in modo accurato è indispensabile per lo sviluppo dei veicoli a motore sicuro ed economicamente conveniente

Il principio della potenza idraulica per compiere un lavoro risale ai tempi degli antichi egizi, ma così come i sistemi si sono evoluti,si sono evoluti anche gli strumenti necessari per sviluppare e progettare questi circuiti sofisticati e, spesso, complessi.

Dai primi manometri inventati da Evangelista Torricelli nel 1600 ai calibri meccanici di Bourdon, fino ai trasduttori di pressione piezoresistivi dei giorni nostri, gli ingegneri di sviluppo hanno sempre ricercato i migliori strumenti per misurare la pressione e ottimizzarne il design. Nei tempi recenti,soprattutto gli ingegneri del settore automobilistico sono arrivati ad affidarsi a questi sensori di pressione di alta qualità e precisione durante i test e lo sviluppo dei veicoli.

Gli attuali trasduttori di pressione sono solitamente in grado di registrare delle deflazioni a piena scala, da circa 350 mbar a 700 bar a una temperatura prolungata che varia da

-40°C a 150°C. E ancora meglio, i sensori di qualità come quelli prodotti dalla STS sono capaci di un’isteresi e una ripetibilità tipicamente di circa 0.001%!

Immagine 1: trasmettitore di pressione di alta precisione ATM.1ST con accuratezza fino a 0.05% FS

I sensori di pressione di alta qualità sono usati nello sviluppo dei sistemi chiave dell’industria automobilistica.

Questo livello di ripetibilità è essenziale per la progettazione e lo sviluppo,tra gli altri, dei sistemi di raffreddamento e di alimentazione. Durante la fase di sviluppo, i progettisti si affidano a strumenti stabili di misura di pressione per registrare in maniera precisa le informazioni in modo che l’effetto anche dei più piccoli cambiamenti di progettazione possa essere documentato, senza preoccuparsi del fatto che il sensore sia incapace di fornire risultati ripetibili.

In una recente riprogettazione di un sistema di raffreddamento per motore, per trarre vantaggio dalle ridotte perdite parassite rese possibili attraverso l’elettrificazione, il team di ingegneri di un OEM di pregio, ha dovuto inizialmente affrontare un calo di pressione nella pompa di circa 150kPa. Prima che la riprogettazione di una nuova pompa elettrica fosse possibile, era necessario registrare accurate misurazioni della pressione così da permettere agli ingegneri di identificare il problema. Dopo aver studiato i risultati registrati da un insieme di sensori di pressione, è stato possibile modificare il design riducendo il calo di pressione a meno di 100kPa e tagliando le perdite parassite di 500W.

Anche se l’elettrificazione e i controlli elettronici svolgono un ruolo sempre più significativo nei sistemi dei veicoli, ci si affida ancora alla pressione idraulica per garantire operazioni di molti circuiti critici senza incorrere in problemi.

Ad esempio, durante lo sviluppo di una trasmissione automatica occorre misurare in tempo reale le pressioni nei punti di pressione e poi confrontarle con gli standard di progetto per confermare che i parametri di progettazione siano soddisfacenti. Allo stesso tempo, le variazioni nei tempi e nella qualità sono misurate e valutate soggettivamente per far sì che i requisiti dei clienti nella guida e nelle prestazioni siano altrettanto soddisfacenti.

Al di là del valore dei sensori di pressione di alta qualità durante la registrazione dei dati importanti in fase di test e di sviluppo, nell’industrializzazione di tecnologie future questi strumenti possono anche ridurre i costi di progettazione in maniera significativa.

I sensori di pressione assicurano che le tecnologie future saranno all’altezza delle aspettative.

Nel tentativo di migliorare le prestazioni dei motori fortemente ridotti, i produttori si avvantaggiano della potenza aggiuntiva offerta da un motore elettrico da 48V, sostituendo il turbocompressore con un supercaricatore elettrico.

Poiché si tratta di una tecnologia non ancora matura, gli ingegneri che vogliono ottimizzare i supercaricatori elettrici non hanno ancora a disposizione molti dati di ricerca e test. Anche se gli ingegneri elettrici e di fluidodinamica forniscono una piattaforma da cui partire, è di vitale importanza che le teorie siano convalidate in condizioni reali di test.

Per raggiungere questo obiettivo occorre registrare le pressioni nei collettori per ottimizzare le prestazioni del motore e, allo stesso tempo, massimizzare l’energia recuperata dai gas di scarico. Pertanto, sono necessari sensori di pressione estremamente accurati che forniscano letture precise su un ampio intervallo di temperature e di pressioni di sovralimentazione del collettore. Questi sensori devono essere resistenti alle vibrazioni e alla degradazione chimica.

E mentre i produttori di tutto il mondo continuano a portare avanti la ricerca nei veicoli elettrici, diversi gruppi stanno considerando altri modi per sfruttare l’idrogeno al fine di generare elettricità invece di affidarsi a celle di batterie.

Le celle a combustibile a idrogeno che impiegano membrane a scambio protonico, conosciute anche come celle a combustibile a membrana elettrolitica polimerica(PEMFC), sono state già impiegate in produzioni in serie limitate di veicoli come la Toyota Mirai.

Anche se le celle a combustibile a membrana elettrolitica polimerica (PEM) operano sotto una pressione d’aria normale, le celle a combustibile ad alta potenza, di 10kW o più, di solito lavorano sotto pressioni elevate. Come con i motori a combustione interna convenzionali, l’obiettivo di aumentare la pressione nel combustibile è quello di aumentare la potenza specifica, estraendo più potenza da una cella della stessa dimensione.

Solitamente, la cella a combustibile PEM opera a pressioni che variano da quella prossima all’atmosfera fino a circa 3 bar e a temperature tra 50°C e 90°C. Mentre densità di potenze più alte sono possibili aumentando la pressione di funzionamento, l’efficienza netta del sistema può essere più bassa a causa della potenza richiesta per comprimere l’aria; ecco l’importanza di bilanciare la pressione ai requisiti della particolare cella a combustibile.

Come con le pressioni di sovralimentazione ICE, questo può essere ottenuto solamente eseguendo misurazioni accurate di pressione con sensori di pressione di alta qualità. Tali misurazioni vengono poi confrontate con i risultati del combustibile, al fine di minimizzare le perdite parassite e, allo stesso tempo, ottimizzando il guadagno del risultato elettrico.

Concludendo, indipendentemente dalla direzione che l’industria automobilista sceglierà per le tecnologie future, i sensori di pressione accurati rimarranno l’elemento chiave per lo sviluppo di veicoli efficienti e sicuri.

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