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Sensori di pressione negli sport motoristici: quando la frazione di un cavallo vapore è decisiva

Sensori di pressione negli sport motoristici: quando la frazione di un cavallo vapore è decisiva

“The winner takes it all!” Nella corsa il mondo si divide in vincitori e perdenti. Il pilota vincente si gode la doccia di champagne. Eppure la decisione preliminare vincente, si prende al banco di prova degli sviluppatori di motori. Sensori di pressione efficienti sono il vantaggio competitivo decisivo.

La STS fornisce sensori di pressione a clienti provenienti dal mondo degli sport motoristici, tra cui esponenti della Formula 1 e della NASCAR. Entrambe le gare di corsa, nonostante tutte le differenze, hanno una cosa in comune: ogni cavallo vapore conta e rappresenta un vantaggio determinante in pista. Se ai banchi di prova, durante le costose prove, si lotta per ogni decimo di cavallo vapore, i risultati dei test devono essere totalmente affidabili fino all’ultimo decimale.

Tecnica di misurazione della pressione nello sviluppo dei motori nella Formula 1 

L’attuale regolamento sui motori della Formula 1 è stato introdotto nel 2014. Sono stati adottati motori a V a 6 cilindri, cilindrate da 1,6 litri e mono-turbocompressori. I numeri di giri ammontano a 15.000 min−1. Il Kinetic Energy Recovery System (KERS), un sistema elettrico per il recupero dell’energia in frenata applicato dal 2009, è stato sostituito dall’Energy Recovery System (ERS). I moderni motori della Formula 1 sono dunque motori ibridi. Con loro il futuro nella Formula 1 è già diventato presente. La gara forse di maggior successo al mondo è anche un laboratorio sperimentale per la strada. Che si tratti di freni a disco o diagnosi computerizzate, molte tecnologie appartenenti alla quotidianità del traffico stradale hanno origine nelle operazioni di sviluppo della Formula 1.

Il regolamento attuale in vigore sui motori in vigore, che delimita le possibilità di intervento per tutti i team allo stesso modo, rende necessaria la grande meticolosità al banco di prova per tirare fuori il vantaggio decisivo. Ogni cavallo vapore conta. Rispetto ai test per le auto nel normale traffico valgono in parte altre esigenze. La pressione dell’olio e dell’acqua sono più elevate, così come sono più elevate le temperature che si verificano. Quando si tratta di abbassare i consumi e aumentare le prestazioni occorrono ampi test in condizioni di gara. Inoltre, l’esattezza dei risultati delle misurazioni nel range di temperatura richiesto è di estrema importanza. Spesso nella Formula 1 non si parla di grandi salti per quanto riguardo i cavalli vapore – a questi alti livelli di prestazioni già miglioramenti in ambito dei decimali sono motivo di gioia.

A proposito di queste sfide una famosa scuderia della Formula 1 si è rivolta alla STS poiché la tecnologia dei sensori fino ad allora utilizzati non era all’altezza delle elevate esigenze. Gli strumenti di misurazione impiegati erano troppo grossi e troppo pesanti. Ancora più grave era poi il problema per cui dovevano essere introdotte al banco di prova ulteriori tecniche di raffreddamento, altrimenti la temperatura dei sensori schizzava al massimo, inficiando i risultati.

L’obiettivo degli sviluppatori era quindi realizzare sensori di pressione che permettessero una standardizzazione e rendessero obsoleti ulteriori elementi di raffreddamento. Anche la questione del peso e delle dimensioni hanno avuto un ruolo – in fondo questi fattori influenzano le performance dei bolidi.

La STS ha messo a disposizione della scuderia un nuovo sensore della serie ATM, disponibile sul mercato nell’autunno di quest’anno. Questo sensore non solo offre la precisione richiesta nell’intervallo di temperatura richiesto, ma ha portato anche un altro decisivo vantaggio che lo sviluppo dei motori ha potuto ottimizzare in modo duraturo: tra i sensori di un altro produttore finora utilizzati ci sono stati dei guasti quando si è passati al sistema ibrido adottato dal 2014. Il risultato: il banco di prova falliva. In pratica era impossibile effettuare misurazioni a lungo termine. I sensori ATM dell’azienda STS sono a prova di guasto e pertanto permettono test estesi sulla strada verso il podio.

Tecnica di misurazione nello sviluppo dei motori della NASCAR 

Se è vero che le stock car della NASCAR non montano motori ibridi, è pur vero che sono necessari vasti test per raggiungere prestazioni ottimali. Anche qui un famoso produttore di motori punta sulla tecnica di misurazione della STS. Con i numerosi test si ha un quadro della pressione dell’olio, dell’acqua, della benzina e dell’aria in circa 200 trasmettitori di pressione ATM.1ST. Dalla pressione dell’aria presente nel motore fino al miglioramento del flusso dell’olio è necessario analizzare correttamente diversi fattori per ottenere aumenti di potenza minimi (ci muoviamo qui a circa 900 CV). Come per la Formula 1 è richiesta massima precisione. Stiamo parlando di un decimo di cavallo vapore!

La scelta del produttore ricade sul trasmettitore di pressione ATM.1ST, perché in quanto a caratteristiche operative fornite non ha concorrenti:

  • La modularità dei sensori della STS permette al produttore di collegare uno speciale adattatore per la pressione.
  • L’errore totale di ≤ ± 0.30 % FS permette analisi significative per il miglioramento dell’efficienza del motore.
  • La stabilità a lungo termine minimizza in modo considerevole lo sforzo di calibrazione.
  • L’intervallo di misurazione della pressione di 100 mbar…1000 bar soddisfa le pressioni che si verificano nello sviluppo dei motori.
  • L’eccellente compensazione della temperatura permette risultati precisi in un ampio range di temperatura – un criterio decisivo con le temperature in rapido aumento durante il test di valutazione al massimo livello.

Che sia la Formula 1 o il NASCAR: la strada verso il podio passa per i banchi di prova. Soprattutto nel competitivo settore degli sport motoristici occorrono sensori ad alta precisione che valutino tutte le importanti misure, dalla pressione dell’olio e dell’acqua fino alla pressione del carburante e dell’aria. Accanto alla precisione anche la sicurezza che non si verifichino guasti svolge un ruolo importante per poter condurre i test a lungo termini necessari e ottenere risultati affidabili.

I sensori MAP sono la chiave per prestazioni del motore pulite

I sensori MAP sono la chiave per prestazioni del motore pulite

Di fronte a normative sulle emissioni globali sempre più restrittive, il settore automobilistico ha adottato rapidamente tecnologie pulite per ridurre i gas serra nocivi. Fondamentale per il funzionamento dei moderni motori a combustione magra è il controllo preciso dei rapporti aria-carburante (A/F) a valori stechiometrici per raggiungere un’elevata efficienza del convertitore catalitico e ridurre al minimo le emissioni di scarico.

Per ottimizzare il rapporto A/F in condizioni transitorie, i produttori utilizzano sia i sistemi a circuito chiuso che i sistemi a circuito aperto:

  • Il sistema a circuito chiuso è un sistema in cui un segnale proporzionale al rapporto A/F viene generato da un sensore di ossigeno del gas (EGO), noto anche come sensore Lambda, situato nel flusso di scarico.
  • Il sistema a circuito aperto, o sistema di feedforward,controlla il flusso del carburante dell’iniettore attraverso i segnali ricevuti da un misuratore del flusso d’aria.

In entrambi i casi, i segnali vengono trasmessi indietro attraverso un regolatore digitale PI per regolare l’ampiezza di impulso dell’iniezione del carburante. Tuttavia, questi sistemi presentano due svantaggi significativi:

  • A causa del relativamente lungo ritardo inerente al ciclo di induzione, compressione, alimentazione e scarico del motore, il feedback, o la porzione ad anello chiuso del sistema di controllo A/F, è pienamente efficace solo in condizioni di funzionamento stazionario.
  • Un segnale del sensore EGO affidabile è disponibile solo dopo che il sensore si è riscaldato, dunque non è possibile disporre del controllo A/F ad anello chiuso direttamente all’avvio del motore.

In condizioni transitorie e di avviamento a freddo, la porzione di feedforward del regolatore A/F è dunque di particolare importanza.

Per ottimizzare il rapporto A/F in tutte le condizioni, i motori moderni sono comunemente dotati di un sensore di pressione del collettore d’aria (MAP, dall’inglese Manifold Air Pressure) che misura la pressione dell’aria nel collettore di aspirazione.

Il sensore MAP sa quali sono le esigenze del motore

Il sensore MAP misura continuamente la pressione dell’aria e invia queste informazioni al modulo ECU, l’unità di controllo del motore, che inserisce i dati in una tabella usata per controllare l’ampiezza di impulso di iniezione e la fasatura dell’accensione. Questi valori della pressione sono collegati all’ECU come segnali di tensione di uscita.

Durante la fase di sviluppo è fondamentale che le pressioni misurate nel collettore siano accurate. I sensori MAP di produzione di serie, mentre sono ottimi per la trasmissione dei segnali all’ECU, hanno spesso tolleranza più ampie di quelle considerate accettabili per lo sviluppo: pertanto, i trasmettitori di pressione di alta qualità, come quelli prodotti dalla STS, sono solitamente montati in tandem con i sensori MAP di serie durante la fase di sviluppo. Le letture ottenute da questi sensori sono utilizzate per misurare eventuali deviazioni o errori durante la registrazione delle pressioni del collettore a diverse aperture della valvola a farfalla.

Il processo è molto complesso e richiede che le tensioni di uscita siano misurate su centinaia di punti di apertura della valvola a farfalla, per far sì che l’ECU del motore possa creare una mappa efficace dei requisiti del motore.

Uso del sensore MAP per insegnare all’ECU del motore

Durante la fase di sviluppo, usando un sensore MAP calibrato, la pressione del collettore viene misurata a piccoli incrementi dell’apertura della valvola a farfalla e le tensioni di uscita vengono misurate ad ogni configurazione.

A regime minimo, con la valvola a farfalla parzialmente aperta, questa pressione viene misurata a circa 1/3 della pressione atmosferica o 0.338 Bar in un motore aspirato. Poiché la tensione di uscita del sensore MAP è proporzionale all’incremento della pressione, la tensione di uscita al minimo sarà approssimativamente 5/3 = 1.67 V, dove l’uscita di fondo scala nominale è 5 V.

Tuttavia, nella pratica, l’uscita di fondo scala di un sensore MAP di produzione può variare ed è generalmente inferiore a 5 V. Questo a causa di variazioni tra i produttori di sensori, con il risultato che una tipica tensione di fondo scala è di circa 4.6 V. Per via di queste variazioni, durante il normale funzionamento la lettura del sensore MAP varierà tra circa 1.5 V e 4.5 V, con l’eccezione del vuoto creato al superamento, dove si possono registrare tensioni di uscita inferiori a 1 V.

Inoltre, poiché la pressione barometrica ha un impatto significativo sulla miscela del carburante, l’ECU deve capire qual è la pressione barometrica. A tale scopo le misurazioni della pressione ambientale sono solitamente registrate appena prima che il motore venga acceso, appena dopo che venga spento o in entrambe le circostanze.

Queste misurazioni vengono utilizzate per stabilire una condizione di riferimento che corregge la pressione del collettore per il tempo e l’elevazione. In pratica, ciò si ottiene utilizzando i segnali dell’accensione e dello spegnimento del motore. In questo modo, lo stesso sensore che controlla il motore mentre è acceso viene usato anche per la misurazione barometrica mentre il motore è spento.

L’induzione forzata aumenta la pressione sui sensori MAP 

Quando un motore ad aspirazione naturale viene convertito all’induzione forzata attraverso l’aggiunta di un turbo o compressore, l’intervallo della pressione del collettore deve essere esteso per includere l’incremento prestazionale così come del vuoto.Per coprire l’intervallo di pressione completo deve essere usato un sensore MAP che copre almeno 1.5 bar di pressione o un intervallo che corrisponde ai parametri di progettazione del motore.

Nel caso in cui le pressioni di avvio superino 1.5 bar è importante che, al fine di mantenere una lettura di fondo scala, all’aumentare della pressione venga aggiunta una diminuzione di compensazione alla lettura. Questo è di particolare importanza poiché nei sistemi di gestione del motore basati sui sensori MAP è facile raggiungere un interruzione del carburante generare un errore nell’ECU se la lettura nominale di fondo scala viene superata. Ecco perché viene mappata una diminuzione di compensazione quando si usa un sensore 2 bar per leggere le pressioni superiori alla pressione nominale di fondo scala.

Reperire i sensori MAP per soddisfare in modo efficace questi requisiti di ampia portata non è sempre facile. Tuttavia, con il fatto che il sensore MAP svolge un ruolo cruciale nella gestione efficace del processo di combustione, è importante che venga utilizzato un sensore MAP di alta qualità accuratamente calibrato per poter registrare in modo preciso le pressioni del collettore nella fase di sviluppo. E con i produttori messi sotto pressione per ridurre ulteriormente le emissioni e migliorare le prestazioni, gli ingegneri applicativi continueranno a richiedere miglioramenti nella precisione dei sensori utilizzati per lo sviluppo.

Il dibattito sulla “Cool War” fa aumentare la pressione

Il dibattito sulla “Cool War” fa aumentare la pressione

Dall’emanazione della direttiva europea 2006/40/CE, i climatizzatori sostenibili delle autovetture sono oggetto di un acceso dibattito di natura altamente politica. Al centro del dibattito condotto a livello europeo, soprannominato “Cool War”, c’è il refrigerante di prossima generazione da utilizzare negli impianti di climatizzazione delle auto.

Il retroscena: la direttiva dell’Unione europea vieta, a partire dal 1° gennaio 2017, l’utilizzo del fluido di refrigerazione R134a negli impianti di condizionamento d’aria montati sulle autovetture e stabilisce che i nuovi veicoli venduti all’interno dell’Unione europea nel periodo di transizione devono essere dotati di un refrigerante con un basso potenziale di riscaldamento globale. Dal 2011 nei nuovi veicoli è stato vietato l’impiego di refrigeranti con un potenziale di riscaldamento globale superiore a 150.

Nel 2007 l’alleanza tedesco-scandinava nata ad hoc “Alliance for CO2 Solutions” e i suoi sostenitori, così come scienziati, ONG e dirigenti d’azienda si sono schierati a favore della sostituzione da parte dell’industria automobilistica dei composti chimici come l’R134, che contribuiscono al riscaldamento globale, con il biossido di carbonio (CO2/R744), refrigerante naturale.

L’alleanza sosteneva che grazie a questa misura le emissioni inquinanti dei veicoli si riducono del 10% e, in totale, le emissioni globali di gas a effetto serra dell’1%. Con l’introduzione della tecnologia a CO2 anche in altri settori,ad esempio nella refrigerazione commerciale e industriale, nonché nelle pompe di calore per la produzione di acqua calda, si possono ridurre le emissioni mondiali di gas a effetto serra addirittura fino al 3%.

Tuttavia, anche quanti si oppongono ad una soluzione basata sulla CO2 hanno espresso buone argomentazioni: un refrigerante “del tutto naturale” come il “greenfreeze”, sviluppato da Greenpeace e basato su una miscela pulita di butano/propano (refrigeranti idrocarburi), sorpassa l’efficienza dei liquidi refrigeranti come l’R134a e potrebbe dunque essere utilizzato in modo efficace già in piccole quantità.

Inoltre, se si utilizzassero refrigeranti idrocarburi puri, “compatibili retroattivamente” persino con gli impianti di climatizzazione a Freon ammessi fino al 1998, gli impianti dovrebbero essere semplicemente modificati,in tal modo la loro efficienza aumenterebbe e si eviterebbe un ulteriore rilascio nell’atmosfera dei nocivi R134a e R12 (Freon).

Gli impianti di climatizzazione che utilizzano l’R744, al contrario, devono essere completamente riprogettati per resistere ad una pressione oltre i 100 bar.I componenti esistenti del sistema quali guarnizioni, tubi, valvole e persino compressori non sono stati sviluppati per essere utilizzati in tali condizioni.

Per fortuna esiste un’altra alternativa: in risposta alle direttive adottate nel 2006, il consorzio chimico americano DuPont e Honeywell hanno sviluppato insieme il refrigerante 2,3,3,3-Tetrafluoropropene, conosciuto anche come HFO-1234yf (R1234yf). Allo stato attuale (11/2016) si tratta dell’unica alternativa all’R134a pronta per essere immessa sul mercato.

L’R1234yf soddisfa senza alcun problema il potenziale massimo di riscaldamento globale stabilito di 150. Oltre a questo, la sua permanenza media nell’atmosfera è di circa undici giorni; in base al cosiddetto modello “Life Cycle Climate Performance”, il calcolo dell’equivalente CO2 (l’effetto medio di riscaldamento di una sostanza in genere per un periodo di 100 anni rispetto al biossido di carbonio) conferma che si tratta del refrigerante più sostenibile utilizzabile in tutto il mondo. Il modello di calcolo è stato approvato dall’EPA, l’agenzia per la protezione dell’ambiente degli Stati Uniti.

Eppure, dopo l’introduzione dell’R1234yf si è diffusa velocemente una crescente preoccupazione circa la sua infiammabilità. Preoccupazione che nel 2012 si è rivelata fondata: nell’autunno del 2012 durante un test di Mercedes-Benz il fluido refrigerante nel vano motore andò in fiamme. Ciò ha spinto la casa automobilistica di Stoccarda allo sviluppo del non infiammabile R744, rifiutandosi espressamente di utilizzare l’R1234yf per anni. Con l’approvazione del Ministero Federale Centrale dei Trasporti tedesco si è continuato ad utilizzare l’R134a, dannoso per il clima, cosa che ha indotto la commissione europea ad avviare un procedimento contro il governo federale per violazione del diritto comunitario.

Nel frattempo la Daimler ha fatto marcia indietro e ha utilizzato nuovamente il refrigerante della Honeywell-Dupont. Per minimizzare il rischio di incendio, gli ingegneri di Stoccarda sviluppano e costruiscono un proprio “sistema di raffreddamento” che, in caso di svuotamento del climatizzatore a seguito di un incidente, raffredda le parti surriscaldate del vano motore con il gas nobile argon. Con la notevole eccezione della classe E e classe S, in tutti i nuovi veicoli Mercedes-Benz da gennaio 2017 si utilizzerà il controverso R1234yf. La classe E e S, invece,saranno le primeautovetture di serie dotate di impianti di climatizzazione che utilizzano la CO2 come fluido refrigerante.

Oltre ai tempi di sviluppo, i costi per la riprogettazione dell’intero sistema, nonché l’impiego di tempo per condurre serie di test dettagliati, sono ulteriori motivi per cui solo la classe media superiore e la classe superiore sono dotate di impianti di climatizzazione a CO2.

A causa della pressione di sistema estremamente elevata che si verifica nell’impianto e della necessità di una disposizione ottimale dei componenti nel vano motore, l’intero sistema deve essere sviluppato ex novo. Quando si ha a che fare con una pressione di funzionamento significativamente elevata, particolare attenzione va posta all’efficienza del condensatore, vaporizzatore, tubi, pompe e guarnizioni.

In fase di sviluppo, per garantire l’integrità del sistema, è stato di fondamentale importanza misurare accuratamente la pressione in linea con i trasmettitori di pressione nei punti critici dell’impianto di climatizzatore; un calo di pressione sarebbe una prima indicazione sul guasto di un componente, ad esempio di una guarnizione. Un guasto simile renderebbe necessaria la riprogettazione dell’impianto. È stata importante anche l’esatta misurazione della perdita di pressione attraverso il vaporizzatore, per verificare i parametri del progetto e il rendimento del/dei componente/i.

Tuttavia, poiché nel corso della riprogettazione dei climatizzatori la maggior parte dei componenti del sistema sono stati fortemente rimpiccioliti, era prevedibile che il posizionamento del sensore di pressione esattamente nel posto giusto si sarebbe rivelato difficile. Ciò nonostante, il problema si è potuto risolvere velocemente in fase di sviluppo con l’impiego di sensori di pressione piezoresistivi di elevata qualità, riuscendo a concludere il progetto in tempo per il lancio del prodotto sul mercato a gennaio 2017.

Gli impianti frenanti funzionano meglio sotto pressione

Gli impianti frenanti funzionano meglio sotto pressione

Sebbene alcuni veicoli di fascia alta stiano abbandonando i sistemi di frenatura idraulici a favore di versioni ibride brake by wire, molti automobilisti continuano a fare affidamento sui sistemi di tipo idraulici per frenare.

Anche se per decenni i veicoli sono stati dotati di sistemi di frenatura idraulici, sviluppare un sistema che dia un feedback al guidatore pur mantenendo il ritardo efficace ogni volta e in tutte le condizioni risulta estremamente difficile.

Durante l’operazione del sistema ci sono diverse variabili che influenzano le prestazioni:

  • Il trasferimento di peso dagli assi posteriori agli assi anteriori, cosa che richiede una modulazione graduale della pressione alle ruote di carico.
  • Il knee point1), punto in cui il servocomando riduce l’assistenza, nonché il rapporto tra l’assistenza e lo sforzo sul pedale
  • A causa della pressione che viene applicata, le tubazioni e i tubi tendono ad espandersi e ridurre la pressione in linea per una data corsa del pedale (in casi estremi il guidatore potrebbe descrivere questo fenomeno in termini di “pedale spugnoso”)

1) Il servocomando, o servofreno, fornisce un’assistenza progressiva fino al knee point, punto in cui si riceve la massima assistenza a vuoto. Qualsiasi aumento della pressione di uscita oltre questo punto è dovuta esclusivamente ad un maggiore sforzo sul pedale. In questa fase, se non fosse ridotta l’assistenza si verificherebbe il bloccaggio delle ruote. 

Occorre inoltre evidenziare come con l’introduzione dell’ABS multicanale sono stati risolti molti dei problemi dinamici sulla rotazione della ruota e sulla frizione dinamica contro quella statica, inclusa la modulazione della pressione causata dal trasferimento di peso durante la frenata.

Tuttavia, un ritmo di frenata rapido in cui è coinvolto l’ABS può creare ampie fluttuazioni e, a volte, pressioni in linea estremamente elevate che devono essere determinate usando trasmettitori di pressioni di alta qualità posizionati, in fase di sviluppo, in modo strategico nelle linee critiche.

Con pressioni di linea di circa 100 bar è indispensabile che tutti i componenti, tubazioni e tubi inclusi, siano progettati per supportare tali pressioni; e che il sistema non superi questi valori specifici.

Questo, però, non è così semplice, se si considera che le tubazioni e i tubi delle differenti aree delle sezioni trasversali con pareti di differenti spessori potrebbero tutti produrre prestazioni di frenata simili, ma alcuni potrebbero essere marginali sulla resistenza allo scoppio.

L’unico modo in cui questo può essere verificato è attraverso la misurazione accurata della pressione in linea mentre il sistema è completamente pressurizzato. Naturalmente questi valori rilevati devono rientrare nelle specifiche delle tubazioni e dei tubi dei fornitori.

Inoltre, è importante misurare la pressione in linea anche per confermare se il rapporto di leva del pedale riesca a pressurizzare il sistema a circa 80 bar in condizioni di forti frenate. Se la pressione desiderata non può essere raggiunta facilmente, il rapporto del pedale deve essere aumentato fino al raggiungimento della pressione in questione.

E durante lo sviluppo del sistema gli ingegneri devono anche scegliere il cilindro maestro con il giusto diametro: secondo uno dei luoghi comuni più diffusi, un cilindro maestro più largo creerebbe maggiore pressione. Se è vero che un cilindro maestro più largo crea una maggiore cilindrata, è anche vero che richiede più forza per creare la stessa pressione rispetto ad un cilindro con un diametro minore.

Se un cilindro maestro più largo recupererà il gioco del sistema con una forza sul pedale minore, al contempo richiederà una forza maggiore per creare la stessa pressione di sistema. Aggiungendo un cilindro maestro più largo il risultato sarà un pedale più duro che necessita di molta più pressione per creare la stessa quantità di forza frenante. Passare, ad esempio, da un cilindro maestro da 3/4” ad uno da 1” richiede il 77.7% in più della forza sull’asta di spinta.

Si può raggiungere l’obiettivo di ottimizzare le prestazioni dei freni solamente bilanciando l’intero sistema. Forza esercitata sul pedale, pressione del sistema e corsa della leva: tutto deve essere preso in considerazione, e, durante le fasi di progettazione e di sviluppo, i produttori sono giunti a fare affidamento su trasmettitori di pressione estremamente accurati prodotti specificatamente per applicazioni di questo tipo.

Le trasmissioni automatiche aumentano la pressione all’aumentare della velocità

Le trasmissioni automatiche aumentano la pressione all’aumentare della velocità

Sebbene siano stati fatti diversi tentativi per progettare un cambio che selezioni automaticamente le marce, è stato solo nel 1939 che gli ingegneri della General Motors (GM) hanno sviluppato una soluzione soddisfacente: il dispositivo si chiamava Hydra-Matic ed è stato il primo cambio per auto prodotto in serie completamente automatico, montato su circa 25000 modelli Oldsmobile venduti.

Quasi 25 anni dopo, nel 1963, Earl A. Thompson, capo del gruppo di ingegneri della GM che ha realizzato la Hydra-Matic,è stato insignito del premio di Elmer A. Sperry -in riconoscimento di “un eccellente lavoro di ingegneria che, così come si è dimostrato nell’utilizzo, ha sviluppato i trasporti terresti, marittimi o aerei”.

Nei successivi 75 anni il cambio automatico è stato ampliato a cinque (o addirittura sei) marce, regolato elettronicamente e rimpicciolito. Anche dopo tutti questi anni, però, la modalità di funzionamento del cambio automatico si basa ancora, come allora, sulla pressione all’interno del circuito idraulico.

La pressione idraulica regola il comportamento del cambio automatico

Il corpo valvole è il centro di controllo del cambio automatico. Contiene un labirinto di canali e passaggi attraverso i quali scorre il fluido idraulico verso le numerose valvole che poi azionano la rispettiva frizione a dischi multipli o servo nastro, al fine di inserire dolcemente la marcia giusta per ogni situazione di guida.

Ognuna delle valvole presenti ha una funzione precisa e porta il nome della funzione che svolge. Per esempio, la valvola di commutazione 2-3 fa passare dalla seconda alla terza; la valvola 3-2, invece, determina quando bisogna scalare di marcia.

La valvola più importante è la valvola regolata manualmente, che è collegata direttamente alla leva del cambio e apre o copre i passaggi a seconda di qual è la posizione in cui è inserita la leva del cambio. Nella posizione D(Drive), ad esempio, la valvola manuale convoglia il flusso verso i dischi della frizione che attivano la prima. Questa valvola ha anche il compito di controllare la velocità e la posizione dell’acceleratore così da determinare il punto ideale, in base al peso e alla velocità del veicolo, per cambiare la marcia dalla prima alla seconda.

Nelle trasmissioni computerizzate il corpo valvole è dotato di valvole magnetiche elettroniche che convogliano il fluido alla rispettiva frizione a dischi multipli o ai nastri freno, elettronicamente, per avere un controllo più preciso dei punti di cambio di marcia.

La pressione generata attraverso la pompa a olio viene diretta verso le valvole del regolatore di pressione del tubo principale e del regolatore centrifugo (governor), nonché verso la valvola di pressione a farfalla, per regolare e lubrificare la trasmissione. Alcuni di questi componenti sono stati sostituiti o funzionano con il controllo elettronico.

La pressione generata dal regolatore centrifugo aumenta con l’aumentare della velocità del veicolo. Per regolare questa pressione, le trasmissioni vecchie avevano un regolatore centrifugo meccanico composto da molle, pesi centrifughi e una valvola di controllo. La pressione del regolatore centrifugo determina il passaggio a una marcia superiore del cambio, mentre la pressione dell’acceleratore è responsabile per il passaggio a una marcia inferiore. Oggigiorno le trasmissioni utilizzano dei solenoidi per determinare il punto di cambio di marcia.

La pressione dell’acceleratore indica il carico del motore. Alcune trasmissioni utilizzano un modulatore di vuoto o una tirante aria dell’acceleratore per azionare la valvola a farfalla. Per ottenere gli stessi risultati, gli ultimi modelli di auto utilizzano solenoidi elettrici.

Le trasmissioni cambiano le marce azionando la valvola di commutazione. Questa valvola viene azionata a un’estremità dalla pressione del regolatore centrifugo e dall’altra, supportata da una molla, dalla pressione dell’acceleratore. Quando un veicolo accelera da fermo, la pressione dell’acceleratore è maggiore di quella del regolatore centrifugo, così l’auto resta in prima. Con l’aumentare della velocità del veicolo, aumenta la pressione del regolatore centrifugo (influenzato dalla velocità stessa), fino a quando questa supera la pressione dell’acceleratore e si passa così a una marcia superiore.

Si ha un passaggio a una marcia inferiore, quando la pressione dell’acceleratore supera quella del regolatore centrifugo. Ciò è dovuto a un aumento del carico del motore. Entrambe le pressioni regolano l’attivazione della valvola di commutazione. Le valvole di commutazione regolano gli attuatori (frizione e nastri freno) che,infine, azionano e bloccano le ruote di un ingranaggio planetario (ingranaggio epicicloidale).

Realizzare un cambio di marcia dolce e senza “scattare” eccessivamente non è una cosa facile: la pressione, che fa chiudere una serie di nastri freno e ne fa aprire altri, non deve solo essere applicata nel momento giusto, ma deve essere anche tale da far sì che avvenga un cambio di marcia senza che si avvertano degli strappi. Tutto questo è controllato dalla pressione idraulica del circuito.

Durante lo sviluppo di un cambio automatico viene misurata in tempo reale la pressione del circuito alle diverse aperture e confrontata con le specifiche di progetto per confermare che i parametri progettuali siano rispettati. Contemporaneamente vengono misurati i punti e la qualità del cambio marcia e questi vengono valutati soggettivamente per garantire che sia il comportamento di guida sicuro, che gli obiettivi prestazionali siano soddisfatti. Queste misurazioni richiedono dei trasmettitori di pressione di alta qualità e di estrema precisione, come quelli realizzati dalla STS.

I risultati delle misurazioni registrati durante la fase di sviluppo sono decisivi non solo per garantire cambi di marcia precisi, ma anche per lo sviluppo delle specifiche uniche di ogni trasmissione. Quest’ultime vengono utilizzate nelle officine per la diagnosi dei guasti.

Al passo con i tempi

A causa della grossa influenza che le normative sulle emissioni hanno sullo sviluppo dei veicoli moderni, i produttori continuano a mettere mano al design: l’obiettivo è aumentare l’efficienza, senza dover sacrificare le prestazioni.

La KIA, casa automobilistica coreana, ha depositato 143 brevetti di nuove tecnologie nell’ambito di un programma di sviluppo di un cambio automatico compatto a 8 rapporti (8AT). Questo nuovo cambio permette un’accelerazione dolce da fermo, una maggiore efficienza dei consumi, migliorati livelli di NVH (Noise Vibration Harshness) perla riduzione di rumori e vibrazioni e, ad alti giri, un’accelerazione più decisa rispetto a un cambio automatico con meno marce.

Per migliorare i consumi del cambio 8AT, gli ingegneri della KIA hanno ridotto notevolmente la grandezza della pompa dell’olio (la fonte principale delle perdite di potenza in un cambio automatico) e hanno semplificato la struttura del corpo valvole. Grazie alla pompa dell’olio più piccola, installata nella produzione di questa classe, il cambio 8AT può utilizzare l’olio idraulico in modo più efficiente, poiché questo viene sempre distribuito uniformemente per tutta l’unità.

Il team di progettisti della KIA, inoltre, ha inserito un corpo valvole a comando diretto: questo permette di azionare direttamente la valvola magnetica della frizione, cosa che prima avveniva tramite più valvole di controllo. In questo modo è stato possibile ridurre le valvole di controllo da 20 a 12 e ciò non solo ha permesso un cambio di marcia più veloce e un collegamento meccanico diretto con il motore, ma ha portato come vantaggio anche un design più compatto.

La sfida di questo approccio rivoluzionario era garantire che la pompa più piccola fosse in grado di fornire ai diversi componenti – necessari per il funzionamento del cambio automatico -una pressione fino a 20 bar con una quantità sufficiente di fluido idraulico.

Durante i testi di sviluppo, l’unità è stata portata alla temperatura di funzionamento e si è proceduto a misurare la pressione del tubo principale sia col motore al minimo che con la valvola a farfalla completamente aperta, al fine di garantire che la pompa fosse all’altezza di questo compito. Va precisato ancora una volta che, per via dell’importanza fondamentale che rivestono i risultati dei test, sono stati utilizzati solamente trasmettitori di pressione di alta qualità dotati di certificazione di laboratorio.

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